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Intervista a Pietro Buccinnà: “Uomini e basta”

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In questa intervista a Pietro Buccinnà, scopriremo tutti i retroscena che hanno “permesso” all’autore di avvicinarsi alla stesura del romanzo “Uomini e basta”. Un romanzo storico che racconta gli orrori della guerra e la dolcezza dell’amore

Descrizione del libro…

“Uomimi e basta” di Pietro Buccinnà, è un romanzo storico ma è anche una storia d’amore. Antonio, è un giovane ragazzo apparentemente tranquillo originario di un paesino lucano smanioso di trovare il proprio posto nel mondo. Pietro Buccinnà, ci offre la possibilità di comprendere gli effetti della propaganda fascista sui giovani del tempo anche su quelli più istruiti come Antonio. Il ragazzo a più riprese dimostra la sua fede nel fascismo, la sua venerazione nel duce ed il suo desidero di immolare la propria vita per essere ricordato come un eroe, un servitore della patria. L’autore ha il merito di ricostruire la storicità degli avvenimenti bellici accaduti dal 1940 fino al 1943 in Libia, durante la cosiddetta “guerra del deserto” che vide l’esercito italiano contrapposto a quello inglese per il controllo dell’Africa Settentrionale durante la Seconda Guerra Mondiale. All’interno di questo scenario bellico, Antonio, vive come se fosse dentro una gabbia, il suo modo di intendere l’essere uomo e le sue credenze ideologiche sono messe in crisi dall’incontro con Mariano. Tra i due nasce una complicità intollerabile per la società di quei tempi impensabile e inaccettabile per lo stesso protagonista.

Intervista a Pietro Buccinnà

Considerazioni sull’intervista a Pietro Buccinnà

Pietro Buccinnà ha il potere di immortalare momenti, emozioni e contesti senza smarrire mai il filone storico degli eventi

L’autore ci insegna che i sentimenti partono dal cuore e che anche nelle situazioni di vita più nefaste e brutali c’è posto per l’Amore.

“Uomini e basta” lascia il segno quando descrive l’amore impossibile tra Antonio e Mariano. I dialoghi tra i due ragazzi sono schietti, riflessivi a tratti commoventi. Buccinnà, ricorda al lettore che l’amore quello vero non si dimentica anche perché le persone che abbiamo amato restano dentro di noi anche quando non ci sono più. Lo scrittore riesce alla perfezione a comunicarci che l’amore autentico si nutre di connessione profonda e che l’unica cosa che conta davvero è il legame tra le persone.  La scrittura diventa così una forma di testimonianza che arricchisce la nostra comprensione della storia ma che non perde occasione per insegnarci che l’amore non si può limitare ad una categoria o definizione al contrario vive di emozioni ed esperienze tra esseri umani.

Intervista a Pietro Buccinnà

Benvenuto Pietro, ti ringrazio per aver accettato il mio invito. Uomini e basta è un romanzo storico che parla di guerra e amore alla pari di Addio alle armi di Ernest Heminghway. Per caso Addio alle armi è stato uno dei libri a cui ti sei ispirato prima di scrivere le pagine di Uomini e basta? Chi sono i tuoi autori di riferimento?

Ognuno di noi è la somma della nostra educazione, familiare, sociale e soprattutto delle nostre esperienze, leggere ti aiuta a pensare, a conoscere ma anche a sognare, e se ciò che leggiamo tocca i nostri sentimenti creando emozioni, abbiamo fatto goal. Non hai detto un nome a caso, anzi hai fatto quello giusto, io sono cresciuto con Heminghway, e Addio alle armi Per chi suona la campana mi hanno accompagnato nell’adolescenza. Però non ho preso lui o altri come riferimento. Scrivere per me è un viaggio personale, dove posso usare i protagonisti per esprimere i miei pensieri, e dato che nella vita amo ascoltare i pensieri altrui, cerco di unirli ai miei per avere nella storia che scrivo più punti di vista. Amo le contraddizioni e le idee che non condivido, perché questo è l’essere umano con cui devi affrontare la vita, e lo stesso deve esserci in un racconto. Se devo trovare invece un autore di riferimento, ti direi Oriana Fallaci.

Pietro, sei uno storico. Hai scritto ben sei libri. Gentilmente, prima di entrare nel merito di Uomini e basta potresti descrivere per i miei lettori la cornice storica del tuo romanzo?

Un uomo molto vecchio e consapevole che il suo tempo sta per finire, decide che c’è ancora una cosa da fare, qualcosa che lo ha accompagnato emotivamente per tutta la vita, ma che non ha mai affrontato e risolto. Chiede aiuto a sua nipote, facendo una specifica richiesta, quella di cercare una persona. Viene accontentato, ma ad una condizione, la ragazza vuole sapere chi è l’uomo che ha cercato e trovato. Il romanzo scorre su due tempi diversi; oggi nel dialogo nipote nonno, e nel passato tra il 1939 e il 1945, periodo in cui l’uomo ha vissuto qualcosa che è esattamente l’opposto della guerra, ma che ha dovuto nascondere per sopravvivere, perché spesso il giudizio e la morale (soprattutto in quell’epoca) ferivano più di un proiettile.

Antonio, il protagonista del tuo libro è un giovane fascista, determinato e cocciuto ma anche molto sensibile.  In un dialogo con la nipote, oramai anziano dice: “Quelli erano tempi in cui gli ideali erano forti e valevano quanto, se non più, della propria vita. Non si andava via di casa per avere più indipendenza, ma lo si faceva per dare un senso all’esistenza, per potersi sentire uomini con U maiuscola”. Sulla base di questa affermazione, ci parli di Antonio?

Antonio è un ragazzo nato in piena epoca fascista, cresciuto in una famiglia che aveva gli stessi ideali. Suo padre aveva combattuto durante la grande guerra, e anche lui sentiva il bisogno di fare la sua parte. Antonio era convinto che il popolo italiano fosse il migliore del mondo e che questo gli desse il diritto di educare tutte le altre nazioni. C’era stata la guerra di Spagna, e quella in Somalia, ma era ancora piccolo per poterci partecipare, ma lui fremeva per poter essere parte della storia. Quando la Germania invade la Polonia, a 17 anni e senza il consenso del padre, fugge di casa e si arruola nelle legioni fasciste. La sua fede e determinazione, pur essendo giovanissimo lo renderanno un leader tra i commilitoni, ma è proprio quando scoppia la guerra, che si rende conto di chi sono gli italiani, e nonostante lui creda fermamente nel fascismo a deluderlo sono proprio i suoi commilitoni e gli eventi che affronterà. Ideologicamente sarà fedele a se stesso e alla causa fino alla fine della guerra, e probabilmente anche dopo, quando oramai sarà tutto inutile.

Un altro personaggio, importante nel tuo romanzo è Mariano. C’è una un dialogo molto bello tra Antonio e Mariano, dove quest’ultimo dice: “Devi solo smettere di guardarti con gli occhi del mondo e cominciare a guardare il mondo con i tuoi”. Ti va, di parlarci di Mariano?

Mariano e agli antipodi nei confronti di Antonio. Lui è stato costretto ad arruolarsi, non è fascista e non ha nessuna voglia di combattere e morire. La sua omosessualità, è una condizione che in quel tempo era conveniente tenere nascosta, la vita, soprattutto sotto le armi sarebbe stata impossibile da sopporta se questo suo modo di amare fosse stato compreso dai suoi commilitoni. Mariano però comprende Antonio, riuscendo a percepire che il loro modo di amare è lo stesso, ma il problema e farlo accettare a lui. Manifesterà i suoi sentimenti, rischiando di essere denunciato, e nonostante la sofferenza, rimarrà in attesa di Antonio per tutto l’arco del conflitto … il resto dovete leggerlo.

In Uomini e Basta, racconti dell’incontro di Antonio con Luz Long, medaglia d’argento nel salto in lungo ai Giochi olimpici di Berlino del 1936. Luz Long, mostra ad Antonio, la foto di James Owens. Ho letto che tra i due c’era una sincera amicizia. Ti va di raccontarci qualche aneddoto storico a riguardo?

Come tutti sanno, durante le Olimpiadi di Berlino, Jesse Owens, un americano di pelle scura attirerà l’attenzione del mondo vincendo quattro medaglie d’oro nel tempio Ariano Nazista. Sicuramente questo fece venire l’orticaria ai vertici del partito, ma il fatto più clamoroso, oserei dire scandaloso per il Reich avvenne durante la gara di salto in lungo. Il detentore del titolo europeo era un certo Luz Long, alto biondo atletico, cioè l’immagine dell’ariano perfetto agli occhi di Hitler. Long però non era un nazista, ma la sua condizione di atleta e simbolo lo privilegiavano nei confronti di molti suoi coetanei, tenendolo lontano dal mondo militaresco, ma commise un errore dal punto di vista del regime, ma un grande gesto di sport per la storia. Long era in testa all’ultimo salto, ma si rese conto che Owens non riusciva a calcolare bene l’asse di battuta, cosi posizionò un asciugamano bianco sulla linea di stacco, queste permise all’americano di fare un salto superiore e di vincere il titolo olimpico. Al termine della gara i due divennero molto amici e anche dopo i giochi continuarono a scriversi. A Luz Long non fu perdonato quel gesto di fair play nei confronti di un negro, e alla prima occasione fu spedito al fronte. Durante lo sbarco Americano in Sicilia Long si trovava aggregato alla divisione Hermann Goering che difendeva l’isola. Antonio e Mariano lo incontreranno lì, non sapendo esattamente chi fosse. Morirà fucilato dagli americani, insieme ad altri 73 compagni, quasi tutti Italiani, a Biscari in Sicilia.

In Uomini e basta, racconti la disfatta di quasi 220.000 uomini dell’esercito italiano di stanza in Libia dal giugno 1940 fino al maggio 1943. Come mai una pagina della storia italiana così importante è così poco conosciuta?

Di solito si dice che la storia la scrivono i vincitori, io aggiungerei che spesso viene omessa dai vinti. Oggi grazie alla rete è più facile attingere alle fonti storiche, e scoprire che molte cose che ci sono state raccontate avevano lo scopo di indirizzare il pensiero in una direzione piuttosto che in un’altra, oppure mantenere un silenzio su avvenimenti che avrebbero messo a disagio l’immagine di una nazione. Nel 1940 in Libia era schierata la decima armata del Generale Graziani, considerata la punta del nostro esercito, composta da circa 220mila uomini, per lo più provenienti dalle regioni del sud, perché ritenuti più abituati al caldo. Allo scoppio della guerra, il nostro esercito attaccò l’Egitto con 150.000 uomini, difeso da circa 30.000 inglesi, quindi un quinto degli attaccanti. Quello che accadde fu considerato uno dei peggiori disastri militari della nostra storia, secondo solamente a Caporetto, e non per caso venne chiamata la Caporetto del deserto. Lo scontro finì con circa 500 morti e poco più di un migliaio di feriti tra gli inglesi, mentre tra le file italiane di caduti se ne contarono poco meno di 6000 e circa 10.000 i feriti, oltre la perdita di 208 aerei, circa 1300 pezzi di artiglieria e un numero intorno ai 400 di mezzi blindati. La cosa però più impressionante furono i prigionieri, nel numero di 115.000, cioè poco più del 75% dell’intero esercito. Secondo le testimonianze inglesi, che chiamarono questi fatti Operazione Compass, tantissimi Italiani si arrendevano in massa senza combattere, e notarono che molte delle loro armi non avevano nemmeno esploso un proiettile. Le cause, forse vennero trovate, tra la scarsa organizzazione logistica, la confusione di un comando incapace, un armamento poco efficace, ma soprattutto nella più completa assenza di motivazione da parte dei nostri soldati, che faticavano a comprendere il perché si dovesse rischiare la vita per un inutile deserto lontano da casa.

Antonio, ci insegna che scegliere di essere la versione più sincera di noi stessi, lasciarsi guidare dal proprio cuore senza mediazioni è l’unica via per non avere rimpianti. Cosa c’è del personaggio Antonio che rispecchia il tuo modo di essere, di vivere la vita?

In realtà, Antonio trova questa consapevolezza quando oramai è troppo tardi, la sua scelta è stata condizionata da un mondo che non lo avrebbe capito, e la paura di perdersi lo ha adagiato nell’ipocrisia. In ogni personaggio c’è qualcosa dello scrittore, e purtroppo credo che sia l’esperienza a darci gli strumenti per comprendere come possa essere vissuta una vita ideale. Questo fa sì che più esperienze abbiamo meno vita buttiamo via, e prima formiamo la nostra personalità. Oggi posso dire con serenità, che il nostro elemento vitale sono le emozioni, e queste arrivano se si abbassano le difese e se si apre sia la mente che il cuore. Passiamo una parte del nostro tempo alla ricerca del Graal, con la speranza di raggiungere una sorta di immortalità, e quando ci rendiamo conto che questo forse non esiste, sarà il nostro specchio a farci capire quanto tempo abbiamo perso. L’amore, e non solo in senso aulico, contiene tutte quelle emozioni che ci fanno sentire vivi, l’amore è sorridere, piangere, avere paura, gioire, esistere… Imparare a mettersi a nudo, ad esprimere se stessi, a trasformare le paure in qualità, a non vergognarsi di chi siamo, di cosa pensiamo o di che forma abbiamo, è questa la vera libertà. I difetti non esistono, sono solo caratteristiche personali. Non c’è un modo solo di vivere la vita, ci sono tanti modi quanti esseri viventi su questa terra. Purtroppo sempre più spesso sono le nostre insicurezze a creare la personalità, e questa viene inquinata, rendendoci schiavi dove i padroni siamo noi stessi.

Ogni uomo può diventare cattivo, quando le ideologie prendono il sopravvento. Se l’ideologia si fa culto, l’uomo diventa bestia. Cos’è necessario fare oggi per non ripetere gli errori del passato?

Le ideologie, sono una gabbia che vedono rinchiuse le persone sotto un unico pensiero, e forse in un passato dove l’ignoranza era dilagante, potevano essere utili per contenere o scatenare l’istinto umano. Oggi le ideologie politiche, e religiose hanno una minor valenza nel mondo occidentale, ma non ancore sull’intero pianeta. Io credo che il sapere, la conoscenza e il giusto insegnamento della storia siano alcuni ottimi strumenti da mettere nelle mani delle nuove generazioni, perché la verità uccide i falsi miti e le leggende, ed è solo con questa che l’essere umano si dovrebbe confrontare. Ognuno deve essere l’ideologo di se stesso, e come abbiamo già detto prima, anche l’esperienza fa parte della nostra cultura personale. Tu mi chiedo che cosa bisognerebbe fare oggi… Smettere di credere in tutto quello che leggiamo o che vediamo in uno smartphone, e iniziare a confrontarci condividendo i nostri pensieri. Solo così riusciremo a formare una personalità difficilmente inquinabile da ideologie.

Conclusione dell’intervista a Pietro Buccinnà

Mi racconti a cosa stai lavorando ora e quali sono i tuoi progetti futuri?

Nel 2025 è prevista l’uscita di un romanzo sulla vera storia di mio padre deportato come IMI nei lager nazisti tra il 1943 e il 1946, e nel frattempo sto facendo una ricerca su cosa hanno fatto gli italiani durante le colonizzazioni africane. Alla mia età, non progetto più a lungo termine, cerco di vivere quello che sto costruendo volta per volta, tanto sono sicuro che la voglia e il piacere di comunicare non si esauriranno in me, per lo meno fino a quando ci saranno esseri umani sulla terra.

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